Il ravvedimento operoso: caso pratico

Il ravvedimento operoso: caso pratico

Il ravvedimento operoso rappresenta un istituto deflattivo del contenzioso tributario mediante il quale il contribuente può sanare un’omissione, un ritardo o altre irregolarità intervenute nel pagamento dell’imposta dovuta, beneficiando di una determinata percentuale di riduzione sull’importo della sanzione amministrativa rispettivamente prevista per la violazione della norma tributaria integrata.

In sostanza, è possibile regolarizzare la propria posizione mediante il pagamento:

dell’imposta, se omesso, o della differenza, se si fosse effettuato un versamento parziale;

– di una somma a titolo di sanzione in misura ridotta;

– degli interessi moratori calcolati al tasso legale.

Il ravvedimento operoso: premessa

L’art. 5, comma 1-bis, lett. a) del DL n. 193/2016 (convertito in Legge n. 225/2016) ha introdotto l’estensione del ravvedimento operoso ai tributi doganali e alle accise amministrati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, nei casi di spontaneo versamento dell’omessa o errata imposta.

Al riguardo occorre precisare che per tali tributi la generale regola di esclusione del ravvedimento operoso, nei casi in cui la violazione sia stata già constatata ovvero sia comunque iniziato l’accertamento mediante accessi, ispezioni o verifiche, non opera.

L’unica causa di preclusione all’accesso al ravvedimento operoso per i tributi doganali e delle accise amministrati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, è costituita dalla notificazione di avvisi di pagamento e atti di accertamento.

Il metodo di calcolo degli interessi e delle sanzioni coincide con quanto indicato nell’articolo dedicato al ravvedimento operoso.

Il ravvedimento operoso: il caso

Nella fattispecie affrontata, un piccolo commerciante si rivolge allo Studio Commerciale Ricci & Associati dichiarando di aver omesso per un numero x di anni la dichiarazione di consumo relativa al proprio impianto fotovoltaico e chiedendo a quanto ammonterebbero le sanzioni in caso di controllo da parte dell’Agenzia per le Dogane.

In primo luogo è necessario verificare le cause di esclusione dalla presentazione della dichiarazione di consumo, rilevando sin da subito che tale dichiarazione è prevista per i soggetti indicati dagli articoli 26, 53 e 53-bis del Testo Unico sulle accise entro il 31 Marzo di ogni anno.

Le cause di esclusione

Ai sensi della normativa sopra indicata non sono tenuti a presentare la denuncia di officina elettrica:

  • Impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza fino a 20 kW;
  • Impianti alimentati da fonti rinnovabili, di qualsiasi potenza, operanti in regime di cessione totale (senza autoconsumo);
  • Impianti costituiti da gruppi elettrogeni di emergenza, con potenza disponibile non superiore a 200 kW;
  • Impianti di qualsiasi tipo, con potenza disponibile non superiore a 1 kW;
  • Impianti alimentati a biogas di qualsiasi potenza.

Tanto rilevato, nel caso di specie, l’assistito dello Studio Commerciale Ricci non rientrava nei casi di esclusione in quanto:

  1. Ai sensi dell’art. 53 del Testo Unico sulle accise gli impianti alimentati da fonti rinnovabili sono soggetti agli obblighi fiscali solo per potenze disponibili superiori ai 20 kW.
  2. Sono tenuti a presentare la denuncia di officina elettrica tutti gli impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza superiore ai 20 kW che autoconsumano una parte dell’energia elettrica prodotta dall’impianto ed impianti che effettuano cessione in rete al G.S.E (Circolare 17/D del 28 Maggio 2007 dell’Agenzia delle Dogane).

Pagamento dell’accisa

Ai sensi del D.M. 30.12.2011 gli impianti oltre 20 kW con totale cessione in rete non sono mai soggetti né ad accisa, né ad addizionale provinciale sull’accisa.

Pertanto, occorre calcolare solo la sanzione prevista nel caso di mancata presentazione della dichiarazione di consumo.

La sanzione prevista nei casi di omessa presentazione della dichiarazione di consumo

Constatato che l’impresa avrebbe dovuto presentare la dichiarazione di consumo del proprio impianto fotovoltaico, si è proceduto all’esame della sanzione minima prevista nel caso di omissione di detta dichiarazione.

L’art. 59 c. 5 del Testo Unico sulle accise dichiara che:

Per ogni altra violazione delle disposizioni del presente titolo e delle relative norme di applicazione, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da 500 euro a 3.000 euro.

Premesso che l’art. 5, comma 1-bis, lett. a) del DL n. 193/2016 ha esteso l’istituto del ravvedimento operoso ai tributi doganali e alle accise, occorre calcolare l’importo delle sanzioni ridotte previste ai sensi dell’art. 1, commi 634-641 della Legge n. 190/2014 (Legge di Stabilità 2015).

Calcolo della riduzione delle sanzioni previste dal ravvedimento operoso

Come indicato nell’articolo dedicato al ravvedimento operoso la sanzione relativa ai tributi (anche doganali) è ridotta a:

  • un ottavo del minimo se la regolarizzazione avviene entro 1 anno;
  • un settimo del minimo se la regolarizzazione di errori e omissioni avviene entro 2 anni dall’omissione o dall’errore;
  • un sesto del minimo se la stessa avviene oltre due anni.

La sanzione minima prevista dall’art. 59 del T.U. sulle accise ammonta ad  €  500.

Il ravvedimento operoso: risoluzione del problema

In seguito alla determinazione della sanzione nella misura minima, prevista per l’omissione della dichiarazione di consumo, si è provveduto al calcolo ai fini del ravvedimento operoso.

Per le dichiarazioni omesse da più di due anni si calcola un sesto di riduzione su € 500: 500/6 = 83,33

Per le dichiarazioni omesse entro due anni si calcola un settimo di riduzione su € 500: 500/7 = € 71,43

Per la dichiarazione omessa entro un anno si calcola un ottavo di riduzione su € 500: 500/8 = € 62,50

Al calcolo delle sanzioni occorre aggiungere la somma necessaria per la compilazione delle dichiarazioni di consumo da parte di uno studio tecnico specializzato.

Il ravvedimento operoso: conclusioni

In conclusione, all’esito delle verifiche svolte dai consulenti dello Studio Commerciale, il contribuente potrà conseguire la regolarizzazione della propria posizione ricorrendo all’istituto del ravvedimento operoso attraverso la presentazione delle dichiarazioni di consumo omesse e del modello F24 delle dichiarazioni non presentate, indicando le sanzioni calcolate nel precedente paragrafo, inserendo il codice tributo 2821 e versando la somma delle sanzioni.

In seguito l’impresa dovrà trasmettere una mail all’ufficio della dogane allegando il modello F24 dove si comunica che si è chiesto il ravvedimento operoso per omessa presentazione della dichiarazione di consumo per gli anni “x,x+1, x+2… x+n”.

 

Studio commerciale Ricci & Associati
Studio commerciale Ricci & Associati
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