06 Giu CEDOLARE SECCA
A partire dall’anno 2011, il canone di locazione relativo ai contratti aventi ad oggetto gli immobili ad uso abitativo e le relative pertinenze locate congiuntamente all’abitazione, può essere assoggettato, in base alla decisione del locatore, ad un’imposta operata nella forma della cedolare secca. Quest’ultima è sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione.
L’art. 3, sesto comma, del d.lgs. n. 23 del 2011, prevede che il regime della cedolare secca, non si applichi alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di una attività d’impresa o di arti e professioni.
Con la sentenza n. 12395/2024 depositata lo scorso 7 maggio, la Corte di Cassazione ha affermato che il locatore può optare per la cedolare secca anche nell’ipotesi in cui il conduttore, ossia l’inquilino, concluda il contratto di locazione ad uso abitativo nell’esercizio della sua attività professionale.
Questo perché, secondo la Corte, l’esclusione di cui all’art. 3, sesto comma, d.lgs. n. 23 del 2011, si riferisce alle sole locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate dal locatore nell’esercizio della sua attività d’impresa o della sua arte o professione.
Quindi, in sostanza, non si applica la cedolare secca se il soggetto che concede in affitto l’immobile lo fa nell’esercizio di un’attività di impresa o di arti e professioni, ma si applica se è l’inquilino a prendere la casa in affitto nell’esercizio della sua attività.
La sentenza della Suprema Corte, che con tale pronuncia sostanzialmente contraddice il Fisco, amplia la platea dei casi ai quali è possibile applicare il regime della cedolare secca, si pensi all’inquilino “impresa” che prende in affitto un immobile ad uso abitativo per i propri dipendenti.